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Si calcola che negli ultimi sei anni in Italia gli stipendi regolati dai contratti collettivi nazionali del lavoro sono aumentati del 7,1%, con differenze in base ai settori.
Ad esempio nel settore delle estrazioni minerarie l’aumento è del 14%, mentre nel credito e assicurazioni c’è solo un +6%.
Nell’area del settore pubblico l’indice è sempre basso, questo perché le retribuzioni sono bloccate dal 2010, a differenza del privato che è aumentato del 9,8%.
Secondo l’ISTAT alla fine del 2016 i contratti scaduti sono 47, cifra più alta rispetto ai contratti rinnovati nel corso dell’anno (13) e degli accordi in vigore (28), arrivando a quota 41.
Rispetto all’anno 2015 c’è dunque un peggioramento. Pensare che per gli statali del reparto scuola la variazione è dello 0% rispetto agli anni passati, con l’unica eccezione dei vigili del fuoco che hanno avuto un’aumento del 3,1%.
Nel settore privato emerge che oltre alle estrazioni minerarie si posiziona anche il settore dell’energia petrolio con un +13,9%, oltre a gomma, plastica con un +13,7%, la chimica con un 13,6%, il tessile e lavorazione pelli con +13,2% e per finire energia elettrica e gas con un +13,1%.
Altre retribuzioni positive in classifica sono del settore metalmeccanico con +12,9%, lavoratori del settore legno carta e stampa con +12,2%. Agricoltura, alimentari bevande e tabacco con +11,3% e telecomunicazioni con +10,9%.
Restano sotto il dieci percento settori come trasporti e servizi postali con +9,5%, commercio +8,5%, edilizia +8%, acqua e servizi di smaltimento rifiuti +7,8%, esercizi pubblici +7,5% e infine servizi d’informazione e comunicazione con solo +6,3%.