Bocciato il ricorso della signora Lia Capilli contro il pagamento differito del TFS per gli statali.
Secondo una legge del 2010 un dipendente pubblico, per il pagamento della sua buonuscita, può dover aspettare fino a 51 mesi dopo la pensione.
La signora Lia Capilli aveva fatto ricorso alla Corte Costituzionale, insieme al Sindacato Confsal Unsa, sulle tempistiche di liquidazione dei dipendenti pubblici.
La signora Lia pensionata dal 2016, dopo 42 anni di servizio ha preso la prima trance della sua liquidazione dopo più di due anni (dicembre 2018). Sta ancora aspettando il pagamento della seconda trance.
Come riportato in un’intervista del Corriere della Sera sul perchè abbia deciso di fare ricorso, la signora Capilli risponde:
“Perché c’è una evidente disparità di trattamento tra i dipendenti pubblici, che per colpa di quella legge possono aspettare fino a 51 mesi per prendere la liquidazione, e i lavoratori del settore privato, che invece la liquidazione la prendono subito. E perché sentivo quello che dicevano i miei colleghi: c’era chi aveva bisogno di quei soldi per pagare il matrimonio della figlia, chi doveva fare qualche lavoretto a casa, chi ne aveva bisogno per curarsi. E invece niente, bisogna aspettare. Secondo me è chiaramente incostituzionale”
Nella giornata di ieri la Corte Costituzionale si è riunita in camera di consiglio per decidere sul ricorso sollevato riguardo la legittimità della norma che regola il pagamento differito e rateale del TFS dei dipendenti pubblici.
La Corte ci informa che le questioni sono state dichiarate infondate “con esclusivo riferimento al caso di una lavoratrice in pensione per ragioni diverse dal raggiungimento dei limiti massimi di età o di servizio”.
Il ricorso è stato quindi rigettato.
La dichiarazione della Corte però lascia ben sperare che per i dipendenti pubblici che andranno in pensione per raggiungimento dei limiti massimi di età ci sia una possibilità di rivalsa.